In che cosa consiste il percorso di apprendimento di un bravo cantante lirico?
Le due macro-aree di studio e crescita sono quella musicale e quella artistica; la prima precede la seconda e deve essere il più possibile completa e compiuta per ottenere il massimo dell’espressione artistica.
Sono cinque (più uno) gli strumenti che un cantante deve possedere e saper gestire, dal momento in cui apre bocca fino all’ultima nota di un brano.
Emissione libera del suono. Che cos’è? Il risultato di un processo fisico guidato dalla mente e perfettamente coordinato, ciò che ci permette di avere dolcezza e forza nella voce, omogeneità dei registri, capacità di sostenere i suoni ugualmente nel grave e nell’acuto, utilizzare ogni dinamica eliminando qualsiasi problema di dizione delle parole.
Intonazione perfetta, che è alla base di ogni tipo di musica. Adeguarsi alle frequenza scelte per un’esecuzione non è un’abilità superflua, ma il fondamento della bellezza e dell’armonia in musica. Purezza di intonazione è purezza di espressione.
Capacità di tenere il tempo
Senso del ritmo: due elementi essenziali, che vivono uno nell'altro. Ogni studente di musica è chiamato a sviluppare un eccellente senso ritmico e ad attenersi con cura al tempo musicale, indicato dal compositore.
Comprensione della relazione tra la linea vocale e l’accompagnamento. Nessuna preparazione sarà mai completa senza includere lo studio della teoria e dell’armonia. Questo è ciò che permette di comprendere le relazioni tra le diverse linee melodiche o tra la linea vocale e l’accompagnamento strumentale.
Tutto questo non è ancora davvero fare musica, ma semplicemente sviluppare degli strumenti propedeutici all’obiettivo.
Lo studio della musica è scienza; l’espressione musicale è arte.
Tutto ciò che appartiene all’interpretazione dei simboli - note e parole - e all’effettiva comunicazione di un pensiero musicale e di uno stato d’animo all’ascoltatore, appartiene al regno dell’arte.
Se pensiamo per esempio al tempo, acquisita la nozione di base (=la velocità), bisognerà diventare padroni delle variazioni ‘sottili’ come il rubato, la fermata, il suono tenuto, l’accelerando e il ritardando. E per quel che riguarda l’intonazione non ci basterà l’esattezza, ma diventerà essenziale anche il timbro o il ‘colore’ del suono, ciò che dona infinite possibilità espressive alla voce. Conoscere e scegliere le giuste dinamiche, un senso del fraseggio intelligente che sappia unire, separare e accentare in modo corretto e interessante, conoscere lo stile e la pronuncia corretta...l’elenco delle capacità di un bravo artista vocale è lungo e complesso. E l’ispirazione? è possibile fare della grande musica senza che una scintilla divina scenda a brillare per noi e per il pubblico? Come possiamo far sì che l’ispirazione si senta invitata e ci visiti spesso?
Un vocal training di questa portata non può essere svolto dal solo insegnante di canto. Più che un docente geniale ci vorrebbe un superman o una wonderwoman. Per raggiungere questi obiettivi di preparazione gli insegnanti di canto sono spesso inclini ad accettare l’aiuto di un maestro collaboratore o dei docenti di solfeggio e di armonia; spesso però non accettano o, quanto meno, non fanno affidamento sull’aiuto di un preparatore e/o direttore di coro.
Per la mia esperienza personale, i maestri di canto raramente incoraggiano i propri studenti, specialmente quelli che ritengono essere i migliori e i più promettenti, a fare esperienze di ensemble e coro. Temono forse che il doversi fondere con le altre voci, per ‘esserci’ senza ‘sforare’, possano deviare e compromettere per sempre il percorso di chi, secondo loro, è destinato ad emergere dalla massa.
C’è un diffuso pregiudizio riguardo il cantare da solista o da corista: molti pensano infatti che siano due attività quasi diametralmente opposte, specialmente in relazione alla tecnica richiesta. Ovviamente si tratta di due attività differenti, ma le differenze risiedono in un terreno più psicologico e caratteriale che di tecnica vocale: imparare ad affrontarle sviluppa le proprie capacità di adattamento e di resilienza.
Imparare a cantare insieme è essenziale per un cantante che aspiri a una carriera professionale. Le possibilità sono diverse e tutte offrono spunti di crescita: coro lirico, coro polifonico (a cappella e non), ensemble più ridotti come terzetti, quartetti etc., nei diversi repertori e ambiti possibili.
A che cosa serve?
A controllare con maggior consapevolezza e abilità il proprio strumento, ad approfondire e comprendere gli aspetti ritmici, al sapersi concentrare sull’ascolto anche mentre si canta. Con un buon maestro di coro si può inoltre imparare ad utilizzare una più estesa gamma dinamica e a gestire più nei dettagli la propria voce, per potersi fondere e bilanciare con gli altri; nulla vieta di utilizzare queste conoscenze in ambito solistico! Il coro insegna la precisione nell’alternanza tra suono e silenzio (pausa) e a realizzare cambi rapidi tra uno schema ritmico e un altro (il ritmo quell’elemento in grado di tenere tutti insieme nell'esecuzione!), eseguendo attacchi perfettamente coordinati, fraseggiando con cura e rilasciando i suoni in modo elegante.
Fare esperienza diretta di polifonia aiuta a capire le relazioni tra le diverse linee melodiche e a sentire ‘fisicamente’ l’armonia e il contrappunto. Allo stesso modo, cantando a cappella (ovvero senza strumenti che accompagnino), l’orecchio musicale si sviluppa e si affina in termini di intonazione, timbro, qualità del suono.
Cantare in ensemble insegna inoltre a superare il proprio ‘ego’ e a dedicarsi ad un ben più utile altruismo, mirato al miglioramento dell’esecuzione nel sua globalità. Chi sviluppa questa attitudine sarà poi anche in grado, diventato solista professionista, di adattarsi più facilmente ai cambiamenti, quali per esempio le richieste dei diversi direttori, riuscendo a produrre più facilmente buoni risultati nelle più disparate circostanze.
Chi ha l’intelligenza musicale e l’aspirazione di diventare un cantante professionista deve anche essere perfettamente in grado di modulare la propria presenza vocale e caratteriale in relazione all’esecuzione musicale a cui prende parte, il cui successo è alla fine la sola cosa che veramente conta. Del resto è molto molto raro che un cantante sia completamente solo sul palcoscenico e prima si impara a lavorare in team...meglio è.
Qualche obiezione:
come soprano nel coro dovrò cantare in acuto troppo piano e senza timbro per non sforare, finirò per perdere la voce e la tecnica.
Imparare a cantare piano nel registro acuto non ha mai ucciso nessuno, anzi ha prodotto eccezionali artisti in grado di emettere preziosi filamenti di voce completamente udibili in teatri enormi e sopra grandi orchestre.
Ho una voce troppo importante per cantare in coro. Tutti penseranno che non sono capace di essere solista.
Una voce ‘importante’ non è sinonimo di bravo cantante o bravo artista. Bisogna padroneggiare almeno tutti e cinque gli strumenti descritti sopra e, ahimé, non ci sono libri dove apprendere tutto. Cantare in ensemble è un’esperienza molto efficace per diventare solidi professionisti vocali, non dimentichiamo che si impara solo ‘facendo’ e non ‘pensando’ o ‘leggendo’.
Quando canto insieme agli altri non riesco a sentire la mia voce e per questo faccio cose sbagliate.
Un cantante non si esibisce mai in una bolla sterile, ma sempre in un contesto musicale e umano più o meno complesso. Prima si impara a cantare, ascoltare e sentire nello stesso momento, prima si raggiungerà il proprio obiettivo artistico ed espressivo.
Cantare in coro mi stanca vocalmente.
Non esiste una tecnica per cantare da solisti e una per cantare da coristi. Se ci si sente stanchi o afoni, dopo aver cantato per una durata ragionevole, c’è un problema tecnico generale da risolvere o un disturbo fisico da affrontare con un foniatra.
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