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  • Immagine del redattoreAnna

Sentirsi inutili, sentirsi indispensabili

Scegliere di percorrere una vita creativa è bellissimo, ma certo non ci esenta da paure e brutti momenti. Quanti di noi sono rimasti senza lavoro in questo ultimo anno, quanti hanno continuato a lavorare, ma con la necessità pressante di cambiare forme, contenuti e modalità; molti hanno dovuto decidere non solo del proprio lavoro, ma anche delle situazioni altrui, seguendo regole imposte dall’esterno senza possibilità di modificarle. La vita è difficile, per tutti, (ognuno col suo viaggio, ognuno diverso, ognuno in fondo perso dentro i fatti suoi...) perché mai dovremmo rinunciare anche alla felicità di fare ciò che ci piace fare?


La vita creativa non sempre coincide con proprio lavoro, con il sostentamento. Se per alcuni fortunati è così, succederà che per questi saranno tanti anche i momenti sgraditi o per niente creativi: quelli legati ai conti, alle bollette, alla difficoltà di mantenere alti standard durante tutta una carriera, ai fallimenti, alle mancanze.


La vita creativa è un diritto di tutti e non è una vita dedicata esclusivamente o professionalmente all’arte. Come scrive Elizabeth Gilbert nel suo libro Big Magic, è un’esistenza amplificata. Più grande, più felice, più espansa e molto, molto più interessante. Una vita vissuta sulla spinta delle curiosità e non della paura.




Saper cantare, essere cantanti, è senz’altro aver scelto una vita creativa, con grande coraggio. Fare questo tipo di scelta non significa essere indispensabili e insostituibili, arroganti, vanitosi, egocentrici, autoreferenziali, distanti dal mondo e da tutti. Significa solo credere di essere autorizzati a stare qui e che - per il fatto di essere qui - siamo autorizzati ad avere una voce e una visione tutta nostra.


Sentiamoci allora autorizzati a una vita creativa anche nei momenti bui, anche quando il pubblico non può entrare in sala, ascoltare e applaudire, anche quando saltano gli impegni, quando siamo costretti al cambiamento nella vita lavorativa o non arriviamo a fare il lavoro dei nostri sogni. Proclamiamo il diritto a entrare nella conversazione universale parlando con la nostra voce e dichiariamolo prima di tutto a noi stessi, ogni giorno, combattendo ansia e insicurezza. Non siamo inutili, per quanto gli altri ci facciano sentire tali o per il fatto che oggettivamente ci occupiamo di cose inutili per la sopravvivenza materiale.


La creatività pura è magnifica proprio perché è l’opposto di ciò che è essenziale o inevitabile nella vita (il cibo, avere un tetto sopra la testa, al medicina, le leggi, l’ordine sociale, la responsabilità nei confronti della comunità e della famiglia, la malattia, i lutti, la morte, le tasse, e così via). La creatività pura è qualcosa di meglio della necessità, è un dono. È la glassa. La nostra creatività è un extra incredibile e imprevisto che l’universo ci ha dato. Come se tutti i nostri dèi e angeli si fossero riuniti e avessero detto: “laggiù è dura, per voi esseri umani, lo sappiamo. Ecco, prendete e divertitevi”.

Non mi scoraggia nemmeno un po’, in altre parole, sapere che il lavoro della mia vita è moto probabilmente inutile.

Mi fa solo venire voglia di giocare.



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