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V come viaggio

Qualche mese fa Annamaria Anelli, business writer e autrice di libri e podcast meravigliosamente curati, utili e illuminanti, mi ha chiesto di riflettere sull’essenza del canto e sui suoi superpoteri, dati dall’incontro e dall’abbraccio di musica e parola. Nel suo podcast Parole per conoscersi e, nello specifico, nella prima puntata dal titolo Viaggio c’è un mio piccolo contributo su questo tema. (N.B. Se non conoscete già l’autrice non perdetevi l’occasione di ascoltare interamente i suoi podcast: vi innamorerete della sua sensibilità e della straordinaria capacità di condividere riflessioni profondissime con saggia e limpida lucidità).


Si può viaggiare con il canto? E, se sì, che cosa significa viaggiare in questo senso? In che modo parole e musica unite ‘fanno la magia’?


Sono andata a rileggermi Lezioni di canto di Reynaldo Hahn, un libro che possiedo da tanti anni e in cui spesso trovo spunti e risposte alle mie domande.

Nel primo capitolo intitolato Perché si canta c’è un’introduzione alle lezioni che è piuttosto un manifesto programmatico dell’arte del canto.

Ciò che costituisce la bellezza vera, il valore vero, la vera ragione d’essere del canto, è la combinazione, è l’unione, è la fusione del suono e dell’idea. Il suono per quanto bello possa essere non è niente se non ‘dice’ niente.

(...) È difficile dire quale sia il vero segreto del canto, si tratta di qualcosa che riguarda la stretta relazione degli elementi del canto e del parlare. Un bel suono è un bel suono, non c’è niente da dire (...) È una bella cosa ma non basta; potrà suscitare delle piacevoli emozioni, ma non è cosa che ha a che fare con la vera bellezza del canto. Dovrò ripetervelo spesso: questa bellezza consiste in un’unione, un’unione perfetta. Un amalgama. Un’alleanza misteriosa di voce-che-dice e voce-che-suona. In altre parole: di melodia e parola.


Adagio, di G.A. Zevenberghen (1877-1968)


La melodia rappresenta, nel canto, l’elemento soprannaturale che aggiunge alle parole quel più di intensità, di forza, di delicatezza, di poesia e di fascino, o di stranezza, che le derivano da qualcosa che sfugge all’analisi e di cui noi subiamo gli incanti senza sapere il perché. Per contro la parola, che contiene forme del sentimento e del pensiero, comunica alla melodia quei significati che le permettono di agire direttamente sul cuore e sulla mente di chi ascolta.


Hahn spiega il suo sentire così compiutamente e comprensibilmente che è difficile aggiungere qualcosa senza risultare ridondanti. Ci provo lo stesso.


Il canto è dunque magica unione di parola e suono, trasformazione alchemica, stratificazione di significati e significanti già dalla nascita e in continua evoluzione, per il semplice fatto che ogni interprete può in modo più o meno evidente aggiungere il suo personale punto di vista a quanto già scritto sullo spartito.

Ogni ascoltatore coglie e decodifica l’espressività del canto attraverso la propria sensibilità e attraverso le proprie conoscenze e, più si pone in maniera disponibile e senza pregiudizio all’ascolto, più ne ricava emozione e soddisfazione.


Faccio un esempio: spesso si esclude a priori l’opera lirica dai propri interessi per il fatto che alcuni libretti, letti ‘a secco’, sono letterariamente banali o addirittura brutti. La verità è che le parole di un libretto d’opera non sono fatte per essere lette, ma per essere cantate e per godere quindi di quell’unione magica che si sviluppa tra suono e idea. Se si fa spazio all’ascolto e, in particolare a quell’esperienza totalizzante che è l’opera vista e sentita in teatro, facilmente si arriva a comprendere che la comunicazione del canto è altro: è prendere la parola, metterla a bagno nella melodia e restituirla completamente ringiovanita, comunicativa a livello profondo, imbevuta di umanità e sentimenti universali.


Perché ci piacciono le canzoni? Non ci piace in genere il testo o la musica separatamente, ma quel quid che nasce dall’unione di due mondi sensoriali molto diversi. E cosa dire della ‘nostra canzone’, quella del cuore? È fatta di parola, musica e di un ricordo particolare per noi, situato nel tempo e nello spazio. E se conoscessimo anche la storia di quella canzone o del suo autore, non ci sarebbe un altro elemento in più a parlare al nostro cuore e alla nostra mente? Ogni volta che nell’ascolto cogliamo uno strato in più e comprendiamo ulteriori ramificazioni ne usciamo arricchiti nello spirito.


La musica, in generale, ci porta fuori di casa, realmente o in senso metaforico, e fa alcune altre magie: ci fa allenare più intensamente, ci aiuta a vivere il momento presente, ci fa sentire più o meno dolore, amplifica i ricordi, ci solleva da noi stessi e dalla nostra quotidianità, ci eleva, ci fa pensare e sognare. Nel canto tutte queste potenzialità si sommano con gli infiniti valori aggiunti della parola poetica e della sua espressività. C’è uno strato di bellezza possibile per tutti, per chi da e per chi riceve, ovvero per chi canta e per chi ascolta; per chi conosce e coglie ogni sfumatura e per chi nulla sa. Non c’è bisogno di essere cultori della musica classica per godere del miracolo del canto e della voce, espressione di respiro vitale, corpo e mente: basta avere cuore limpido e spirito curioso per concedersi un emozionante viaggio nello spazio, nel tempo e nelle storie.


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