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Immagine del redattoreAnna

L'esercizio tecnico

Che cos’è una tecnica? Come per ogni altra attività, non per forza artistica, essa deriva dall’insieme delle azioni fisiche necessarie per raggiungere il risultato voluto. “Deriva”, e non “è”, perché per poter parlare di una tecnica efficiente ed efficace, è necessario che le azioni alla base di un’attività diventino delle abitudini, ovvero si trasformino da conscie ad inconscie. Solo staccandosi dal pensiero consapevole, le abitudini ci permettono di accedere alle diverse sensazioni fisiche, di costruirne nuove e di affidarci ad esse.


In ambito musicale questa regola generale vale sia per gli strumentisti sia per i cantanti, ma nella sua applicazione subisce alcune variazioni importanti.

Lo strumentista, come abbiamo già sottolineato qui, utilizza e allena le dita, le braccia, le labbra e altri muscoli per rafforzare, sviluppare e affinare la sua tecnica, allo scopo di affrontare risolvere con successo le difficoltà e i problemi che l’esecuzione via via presenta. Quindi agisce volontariamente su una muscolatura che normalmente, nella vita, utilizza già in modo volontario.

Che cosa fa il cantante, invece? Cerca di allenare parti dello strumento vocale che nella vita ha da sempre usato in modo inconsapevole: il respiro, il suono, il linguaggio.

Il buono o il cattivo esercizio dello strumentista non modificano lo strumento in sé, che resta sostanzialmente intatto. Al contrario, se il cantante non si esercita in modo corretto rischia di disallineare pesantemente il proprio strumento. Inoltre uno studio prolungato nel tempo, spesso indispensabile per uno strumentista, rischia invece di far ricadere il cantante nelle vecchie abitudini di “inconsapevolezza” nell’uso della voce e di influire quindi, negativamente, su quella capacità di auto-osservazione così importante per il canto.

Sound mind in sound body

Insomma, ci semplificheremmo di molto la vita (e lo studio, e l’insegnamento) se riconoscessimo pacificamente, una volta per tutte, che la tecnica di una, di un cantante presenta profondissime differenze rispetto a quella di ogni altro o altra musicista. Essa si basa infatti, essenzialmente, sul conoscere a fondo i propri strumenti del mestiere, le parti del corpo e le loro attività, e sul mantenerli in salute, in ordine e perfetta coordinazione.

Io penso che i cosiddetti esercizi tecnici, quali scale, arpeggi, staccati, etc., siano spesso solo illusoriamente utili al cantante, che si sente soddisfatto e più sicuro solo perché ha la sensazione di aver effettivamente lavorato (faticato) in senso tecnico. Se un'ora di vocalizzi può forse contribuire ad affinare l'orecchio, sicuramente non è il fondamento di un'apprendimento che ha molti più punti in comune con il training mentale degli sportivi che con la formazione di base di un pianista o di un violinista.


Molte delle difficoltà che si incontrano, nel percorso di studio e oltre, nascono nella mente del cantante: a volte qualcosa ci sembra difficile solo perché ne ha l’aspetto sullo spartito. L’impulso che gli occhi mandano al cervello fa sì che l’immaginazione lasci il posto alla preoccupazione, il respiro si blocchi e la coordinazione si interrompa bruscamente. 

Una prima facilissima soluzione è quella di alzare gli occhi dallo spartito, scollegando quel canale di percezione che fa scattare un corto circuito a livello tecnico e attivando, con più forza, la concentrazione e l’auto osservazione. Sembra banale, ma non lo è: ci costa molto abbandonare il rassicurante calore dello spartito davanti agli occhi. Ne parlavo qui.


Quali sono, secondo la cantante e didatta Olga Averino, i passaggi fondamentali per acquisire un perfetto controllo e coordinazione dello strumento vocale?


  1. Devi sapere che cosa usare e come, e ricordarlo in ogni momento. In altre parole, devi pensare.

  2. Percepisci le sensazioni che vengono dal corretto uso del tuo strumento, o delle parti di esso, e, soprattutto, ricordale. Le sensazioni giuste sono molto sottili e occorre affinare la propria auto percezione per poterle cogliere: il flusso del fiato fornisce una sensazione di piacevole rilassamento, e non di tensione; la gola è “spaziosa” e fresca quando dirige l’aria verso la bocca con un sorriso interiore; la punta della lingua diventa “intelligente”, mentre esplora il bordo ruvido dei denti. Riconoscere e poi ricordare le sensazioni significa portare intenzionalità a ciò che siamo abituati ad usare inconsciamente. (Io ho sempre considerato questo aspetto un importante indicatore circa il vero talento per il canto: la capacità di ricordare le sensazioni e di tornare sempre e costantemente a ricercarle. Si studia tutta la vita, è vero, ma non si studia la tecnica per tutta la vita!)

  3. L’ultimo passaggio vale per ogni musicista: raggiungere la consapevolezza. Invece di pensare e percepire, diventiamo consapevoli a livello profondo di tutte le funzioni e possiamo così, in modo libero, finalmente fare musica.





È vero, l'arte del canto è una delle più complesse; in essa ci si muove come su di un terreno,  mobile o accidentato, di cui bisogna non soltanto conoscere la consistenza, la profondità, le  diverse superfici e la sua materia, ma anche saper bene come fare a starci sopra in una sorta  di equilibrio perpetuo, pronti a scavalcare ogni accidente del fondo ed a cambiare tattica ad  ogni circostanza imprevista. (...) Orbene, la maggior parte dei cantanti d'oggi pensano al canto soltanto quando è venuto il  momento di cantare. Pensano allora, con ansia, a quella tal nota che temono di non riuscire a  prendere, a quel fiato che non possono assolutamente dimenticare di tenere. Siccome non  hanno mai curato di ripassare mentalmente senza tregua il lavoro vocale, insomma non  lavorano a mente, non sanno renderlo meccanicamente spontaneo. Accade così che quando  si mettano a cantare sono talmente preoccupati della loro voce che non hanno più un posto in  testa per raccogliere quei pensieri e quelle idee che dovrebbero invece riempirla. 

Credo che, più che cantare, il cantante quando studia dovrebbe usare il pensiero. (Reynaldo Hahn, Lezioni di canto, Parigi 1913)




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