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Immagine del redattoreAnna

Il recital di canto - costruire un programma (1)

In no field of musical performance can there be found so much presentable materiale as in the one created for the human voice. Con questo incipit Walter Golde, in un articolo del 1957 pubblicato sul Journal of Singing, ci chiarisce immediatamente che la letteratura vocale è davvero un oceano sconfinato e che, per costruirci un repertorio che ci rappresenti al meglio, occorre imparare al più presto a nuotare.


Il recital è per il/la cantante una forma di concerto in cui dimostrare la propria bravura e la propria versatilità, attraverso un repertorio che sia musicalmente e drammaturgicamente interessante per il pubblico e, nello stesso tempo, estremamente favorevole alla propria ‘struttura’ artistica e personalità. Questi due aspetti devono essere sempre presenti in egual misura in un programma equilibrato e piacevole.


Non è indicato, per esempio, scegliere arie o songs, Lieder, Mélodies, che dimostrino unicamente la bravura e la virtuosità dell’esecutore. Prendiamo per esempio il caso di un soprano di coloratura che, magari mal consigliato, includa solo pezzi ‘pirotecnici’, come se non fosse in grado di cantare anche in modo legato e sostenuto: brani tutti di uno stesso tipo indeboliscono il programma.

Intestardirsi per presentare solo bellissime, ma sconosciute ai più, composizioni ed eseguire solo brani ‘nazional-popolari’ sono due facce della stessa medaglia e, in egual misura, due errori. Anche qui, il bilanciamento di un programma dipende dal saper mixare motivi famosi e perle rare, creando curiosità e interesse senza abusare dell’attenzione del pubblico, che fatica mentalmente a seguire cose del tutto nuove.


Lavorare con cura, leggere, ricercare con curiosità e fare esperienza: solo così possiamo essere in grado di scegliere un repertorio da concerto non solo interessante nei contenuti poetici e musicali, ma anche efficace nel delineare la nostra dimensione di professionisti vocali. Nella musica che scegliamo di portare al pubblico c’è il riflesso di ciò che siamo e c’è la cifra della nostra unicità come artisti. Occorre fare attenzione però a un dato di fatto, spesso sottovalutato: una cosa sono i nostri brani preferiti, altro è ciò che dobbiamo scegliere per realizzare un programma di successo.

Cantante e pubblico, in fondo, condividono la stessa visione: entrambi intendono dare (o ricevere) il massimo, quanto a interesse e piacere, con il minimo apporto di fatica fisica o mentale. Come realizzare questo pratico, ma artistico, obiettivo? Con estrema varietà!

Il cantante ha un’unica voce, ha la sua voce. Anche se è in grado di darle mille colori e infiniti gradi di potenza, anche se si fa guidare e ispirare da un’immaginazione vivida, anche se la sua volontà è forte...rimane sempre la stessa voce per tutto il concerto! La varietà di un programma è il plus che arricchisce, sviluppa, coinvolge, rapisce.


Non è necessario tuttavia compiere un lavoro di selezione puramente razionale, direi ‘scientifico’. La spontaneità di una scelta istintiva, specialmente se supportata dall’esperienza, ha grande valore e può costituire il cuore del nostro programma. Sarà poi un successivo lavoro di correzione, variazione e pulizia, a costruire il nostro perfetto (ma non artificiale!) recital.


E se durante l’esecuzione ci accorgeremo di essere stanchi prima del tempo o di faticare in qualche punto a conquistare l’attenzione del pubblico? Impareremo una lezione importante per la volta successiva, perché sicuramente non ripeteremo gli stessi errori, e, nel frattempo, ci metteremo alla prova quanto a presenza, creatività ed espressività.






Walter Golde, Building the Recital, in The Journal of Singing - December 1957

Harry Plunket Greene, Interpretation in Song, 1912




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